Venezia, 06 aprile 2022 – «Ieri, in chiusura della seduta del Consiglio regionale, il gruppo di FdI ha ritenuto di lasciare l’aula al momento della votazione della risoluzione presentata dalla consigliere Elena Ostanel e altri, volta a chiedere, dopo l’aggressione della sede della C.G.I.L a Roma, avvenuta il 9 ottobre 2021, lo scioglimento delle formazioni politiche neofasciste. La proposta non solo era pienamente legittima nei contenuti, ma altresì rispondente al dettato costituzionale, che nelle disposizioni transitorie e finali vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista». Marzio Favero, consigliere regionale dell’Intergruppo Lega-Liga Veneta, interviene con queste parole su quanto accaduto ieri nell’aula del Ferro-Fini nel corso della seduta del Consiglio regionale del Veneto
«Mi spiace di non essere stato presente. Dopo un anno e mezzo di frequenza continuativa, proprio ieri ho dovuto lasciare l’assemblea, poco prima della conclusione, per recarmi a Oderzo, ove ero atteso come relatore al convegno dedicato all’amico sociologo Ulderico Bernardi, scomparso un anno fa, al quale tanto deve la Comunità veneta in ordine alla riscoperta della propria identità culturale di matrice popolare. Peccato, perché avrei preso la parola per invitare i colleghi di FdI, con i quali il rapporto è cortese e all’insegna del rispetto reciproco, a rimanere in aula e a votare a favore. La risoluzione non era una trappola ordita per mettere a disagio il partito più a destra presente in Consiglio regionale. Si richiamava ai fatti accaduti a Roma, che sono gravi e non vanno sottovalutati. E quand’anche vi fosse stata della malizia, bisognava non inciampare nella provocazione – se ritenuta tale».
«Qualcuno potrebbe ribattere che la politica oggi, con tutte le emergenze che vi sono, non dovrebbe attardarsi con cose inattuali come il fascismo. Purtroppo – continua il consigliere – non è così. Se il nazismo e il comunismo sono morti e sepolti in quanto ideologie totalitarie rivelatesi fallimentari e disumane, questo non vale per il fascismo, perché esso – salvo per l’idolatria dello stato-nazione – non gode di una weltanschauung vera e propria, una “visione del mondo”, e si risolve piuttosto, come notavano Umberto Eco e Guido Bergamo, in una deformazione del carattere in senso autoritario che tende a ripresentarsi ciclicamente nella storia. Tale deformazione consiste nella pretesa che le proprie idee si debbano imporre alla realtà, invece di essere contrattate nell’esperienza assieme agli altri, come avviene in democrazia. I tristissimi e luttuosi fatti della guerra di aggressione all’Ucraina dimostrano come la mala pianta del nazionalismo e dell’autoritarismo, che esprimono in cifra il fascismo, è ancora viva in Europa non solo a livello di minoranze estremiste».
«Vi sono valori fondanti della democrazia non contrattabili, come l’antifascismo, che nelle assemblee legislative, anche regionali, devono essere condivisi da tutti i gruppi politici, anche di destra. La fiamma della nostalgia per un’epoca di miseria politica e morale va definitivamente spenta, anche nei simboli di partito. Ai sindaci, all’atto dell’insediamento, si chiede di giurare sulla Costituzione, nata dal movimento resistenziale ed espressione dell’emancipazione degli strati popolari. Forse – conclude Favero -, il giuramento dovrebbe essere esteso a tutti i politici».