Venezia, 21 luglio 2023 – «Oltre 6430 contatti, circa 3450 donne seguite in un percorso personalizzato di autonomia, quasi 400 persone ospitate in luoghi sicuri: sono solo alcuni dei numeri presentati all’interno della Relazione al Consiglio regionale sull’attività svolta in materia di prevenzione e contrasto alla violenza contro le donne, discussa ieri in Quinta commissione consiliare. Una relazione da cui emerge uno spaccato delle attività introdotte dalla Regione del Veneto per aiutare tutte le donne, e i loro figli, vessate o maltrattate fisicamente e psicologicamente». A darne notizia è Sonia Brescacin, presidente della Quinta commissione consiliare permanente e consigliere regionale dell’Intergruppo Lega – Liga Veneta.
«Analizzare numeri e dati è fondamentale per capire al meglio, da una parte, quelle che sono le esigenze della popolazione e, quindi, ottimizzare le risorse impiegate, dall’altra anche per capire come sono state investite le risorse economiche pubbliche. L’analisi dei dati rilevati sulle donne prese in carico dai centri antiviolenza conferma una tendenza ormai consolidata negli ultimi anni, ovvero che la maggior parte dell’utenza è italiana (63%) ed ha un’età compresa tra i 31 e i 50 anni, in prevalenza coniugata, con un grado di istruzione medio-alto (55%), e con un lavoro (51%). Un dato, questo, che necessita di una lettura ben precisa: il fatto che la maggior parte delle vittime che si rivolgono ai centri sia italiana e ben istruita, non significa che altre fasce siano escluse dalla violenza. Piuttosto sottolinea come persone con un livello diverso di istruzione, non occupate o di nazionalità diversa tendano a non chiedere aiuto, e questo deve spingere il legislatore e chi si occupa di assistenza a mettere in atto azioni per intercettare queste situazioni non rilevate e per aiutare queste donne a trovare il coraggio di chiedere aiuto».
«Per quanto riguarda, invece, le case rifugio, il 79% delle donne ospitate è straniero, senza occupazione e con una licenza di scuola secondaria di primo grado. La relazione descrive anche il tipo di violenza cui più frequentemente le donne sono oggetto: quella più frequentemente riferita dalle donne prese in carico dai centri antiviolenza è psicologica (2.821) seguita da quella fisica (2.040). Considerato che per ogni donna possono essere state rilevate più tipologie, la violenza “non fisica” (psicologica, cyberviolenza, stalking, economica) è quella prevalente con 4.709 casi dichiarati rispetto ai 2.606 casi di violenza “fisica” (fisica, sessuale, molestie), come per lo scorso anno. Infine, un passaggio doveroso è sui centri per il trattamento di uomini autori di violenza. Nel 2021 le cosiddette “prese in carico”, ossia i percorsi attivati dopo almeno 3 colloqui di conoscenza iniziale, sono state 299 rispetto a 248 del 2020 e 215 del 2019, mentre si sono registrate 60 interruzioni del percorso (20%), causate prevalentemente da chiusura del percorso, abbandono volontario, motivi di lavoro, cambio di residenza, invio ad altri servizi, valutazione di non idoneità alla tipologia di percorso, incarcerazione, allontanamento da parte degli operatori per comportamenti inadeguati».
«Tutte queste attività – continua Brescacin – sono state rese possibili dagli investimenti di risorse economiche pubbliche. La Regione del Veneto ha destinato un milione di euro per il sostegno dei percorsi di autonomia lavorativa, abitativa e sociale elaborati dai centri antiviolenza e dalle case rifugio. A questi si aggiungono ulteriori 2.354.989,26 euro di fondi statali, di cui 1.626.989,26 per il finanziamento dei centri antiviolenza e delle case rifugio già operative, e i restanti 728.000 per il finanziamento di specifiche linee di intervento che le Regioni potevano scegliere di finanziare in armonia con la programmazione dei singoli territori. Il coordinamento territoriale, infatti, è fondamentale per intervenire con maggiore efficacia e promuovere strategie operative condivise».