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Brescacin (Lega-LV): «Nuova definizione di caso, una proposta bipartisan avanzata da diverse Regioni per seguire l’evoluzione di una pandemia in continuo cambiamento. È da gufi sperare nel passaggio in fascia arancione»
Pubblicato il 13 Gennaio 2022

Venezia, 13 gennaio 2022 – «Capisco che, in caso di passaggio in fascia arancione, la Sanità del Veneto mostrerebbe di più il fianco ad attacchi politici, ma invocare il passaggio di colore quando comunque i parametri ancora mantengono il Veneto in “giallo” mi sembra davvero da gufi. E questo perché il presidente Zaia, insieme a molti altri colleghi dalle più diverse provenienze geografiche e politiche, hanno iniziato a discutere della possibilità di non calcolare gli asintomatici nel novero dei positivi. Si discute, come si fa da due anni a questa parte, per adeguare la normativa a un virus, e quindi a una pandemia, in continua evoluzione. E questo grazie al supporto della comunità scientifica e, in questo particolare caso, dell’Ecdc, il Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie. Eppure la minoranza continua con una narrazione distorta, accusando l’amministrazione regionale di voler lasciare in giro sintomatici. Assurdo, considerando lo sforzo impegnato nel tracciamento da una regione che fa, in proporzione al numero di abitanti, più tamponi di tutte le altre». A dirlo è Sonia Brescacin (Intergruppo Lega-Liga Veneta), presidente della Quinta commissione consiliare Sanità.

«La proposta di rivalutare la definizione di caso è stata sì avanzata per prima dal presidente Zaia, sulla base appunto delle linee guida dell’Ecdc, punto di riferimento europeo, ma è stata poi sposata anche da amministrazioni regionali di altri schieramenti politici, come la Toscana o il Lazio. Lo stesso direttore dell’ospedale Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, ha parlato della necessità di “andare incontro alle esigenze dei cittadini e snellire le procedure di isolamento e quarantena”. Eppure le opposizioni ci accusano di non preoccuparci della diffusione dei contagi. Anche se i numeri dovrebbero parlare da soli, ricordo ancora una volta ai colleghi che in Veneto i positivi li andiamo a cercare. Non a parole, come fanno loro, ma a fatti, mettendoci la faccia da due anni a questa parte».